Ho letto con interesse l’articolo di Bruce Temkin in cui propone di ritirare l’NPS e di sostituirlo con una nuova metrica: True Loyalty Measure (TLM). L’articolo inizia anche con un invito a partecipare a un dibattito, quindi eccomi qui.

Alla prima domanda di Bruce, “in che tipo di segmento NPS mi vedo rispetto all’NPS?” risponderò con sincerità: sono nella categoria passiva. Riconosco che l’NPS ha la forza di orientare la cultura aziendale verso il clinete, che non è cosa da poco. È una scelta sbagliata da un punto di vista strettamente statistico e matematico. Forse è la scelta peggiore che si possa fare, e l’ho dimostrato matematicamente in diversi articoli.

Per imitare l’articolo di Bruce, riporto qui le mie opinioni nel corso degli anni sull’NPS:

La prima volta che ho usato il Net Promoter Score in un progetto è stato nel 2006. Ho sempre trattato l’NPS come una metodologia di gestione del feedback dei clienti e ho dato meno importante al valore della misurazione. Nel tempo, soprattutto a causa del grande problema della volatilità, ho dovuto concentrarmi molto sulla validità statistica della metrica, e lì sono iniziati i problemi. Non li elencherò qui perché non è lo scopo dell’articolo, ma mi porta a considermi un passivo del Net Promoter Score. Non ho un’opinione totalmente negativo ma non sono nemmeno entusiasta.

Sono d’accordo con Bruce sul fatto che “…la misurazione è molto, molto meno importante che il sistema che si crea intorno…“, tuttavia, bisogna dire onestamente che il sistema è una copia perfetta delle metodologie di gestione del feedback del cliente. Ho scritto un articolo su questo tema nel 2008 che separa il metodo dalla misurazione ed è agnostico nei confronti dell’NPS. Puoi leggerlo qui.

Nonostante ciò, mi fa sorridere la proposta di Bruce di abbandonare l’NPS e di sostituirlo con un nuovo KPI unico che misuri in modo univoco la Customer Experience. Ecco perché:

1. L’NPS continua ad essere il risultato di una ricerca accademica in cui la centralità del sillogismo è ineludibile. Proporre una metodologia senza una ricerca accademica seria è quanto meno rischioso. Ho cercato un articolo su questo tema ma non l’ho trovato.
2, Ho riletto la domanda proposta dal True Loyalty Measure (TLM). Per me non è chiara: “Se potessi scegliere, con quale probabilità faresti affari con <<AZIENDA>>?”. All’inizio mi sono chiesto perché non avrei potuto scegliere; pensavo di vivere in un mondo libero. Poi mi viene chiesto con quale probabilità faresti affari – forse sono stupido, però la domanda non è affatto lineare o scontata. Sembra semplice ma non lo è.
3. Vengono offerte quattro possibili risposte che vanno da “Molto Probabile” a “Poco probabile”. Sarebbe interessante capire la razionalità dietro questa scelta. Si tratta di un Likert e, in particolar modo, di una “scelta obbligata” perché, essendo una scala di valori pari, manca l’opzione intermedia, la tipica opzione “Né d’accordo né in disaccordo”. Forziamo la scelta degli intervistati verso gli estremi ma poi, nel calcolo totale, oltre ad eliminare il punto centrale, eliminiamo le due categorie in basso. Da un punto di vista statistico, senza una spiegazione matematica, rimane alquanto vago.
4. Segmentiamo poi gli intervistati in quattro categorie, eliminiamo due tipi (le 2 caselle basse), e prendiamo la percentuale degli intervistati nella prima casella in alto e sottraiamo la metà degli intervistati nella casella più bassa. Il risultato si calcola così: la percentuale di “Molto probabile” + (la percentuale “Abbastanza probabile”)/2. Sarebbe interessante capire perché applichiamo un peso di 0,5 alla seconda casella piena. Quali sono le ragioni?
5. Non sono sicuro, come afferma l’autore, che si tratti di una domanda sul comportamento. Sí la domanda è diretta ma, secondo me, misura ancora l’atteggiamento nei confronti del fare affari, non il comportamento verificato.

Tuttavia, Bruce ammette con franchezza che “non ho ancora testato né applicato questa metrica da nessuna parte, quindi è un buon momento per uno sviluppo congiunto“, per cui stiamo parlando di pura teoria, certamente non supportata dalla ricerca. Quindi siamo stati invitati a partecipare a un esperimento empirico. Sono un po’ sorpreso. Stiamo ancora parlando di una persona e di un’azienda che hanno acceso a grandi quantità di dati storici di misurazione della Customer Experience di aziende di tutto il mondo. Questa realtà di dati è a tua disposizione. Mi sembra un po’ riduttivo suggerire un approccio empirico do una metrica teorica avendo a disposizione grandi quantità di dati per poter poi presentare qualcosa di solido. Non puoi fare qualcosa di meglio?

Ho sorriso anche nell’ultima parte dell’articolo, in cui cerca di non inimicarsi chi ha fatto dell’NPS un grande business, e mi riferisco a Bain & Co. Diciamolo con calma: se critichi una metrica e dici di sostituirla per qualcosa di nuovo e migliore, poi non puoi dire “sì, però in Bain & Co. sanno come usarlo e quindi possono farlo”. L’unica cosa che capisco, in questo messaggio, è il desiderio di non fare polemica e di salvare le apparenze.

Non sono convinto che questa metrica possa sostituire l’NPS. Sono convinto, e anche questo l’ho scritto, che in tempi del Customer Jouenry Phigital, l’NPS sia abbastanza obsoleto. Il quadro di misurazione che ho proposto, in particolare per la digitalizzazione, si basa su premesse più semplici. Nonostante ciò, non esiste un unico valore per misurare la Customer Experience. Bisogna lavorare con metriche composite e correlate. Sfortunatamente, non esiste un’unica metrica che includa tutto. La realtà è molto più complicata…e interessante.

Il True Loyalty Measure è un valido sostituto dell’NPS?
Autore:
Federico Cesconi

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